Una vera e propria illustrazione che racconta gli oggetti di uso comune in una cella e i momenti nei quali vengono utilizzati
Disegno di Rafael N. – Testo a cura della redazione*
1 In primis, dentro una stanza detentiva non può mancare la televisione – prevista dal regolamento ministeriale all’interno di ogni cella. Dolce compagna per le nostre amare giornate, un mezzo per tenerci informati sui mutamenti del mondo libero, oltre che per svagare la mente dai problemi personali. Arduo è il compito, la sera, quando siamo a blindo chiuso, di scegliere un programma televisivo che piaccia a quattro o più “capocce” della stanza, ma una cella unita svolge ogni giorno questo compito evitando discussioni.
2 Il secondo oggetto per importanza è il fornello da campeggio con il quale scaldiamo i pasti del vitto. Ci permette di improvvisare pranzi e cene grazie anche all’ingegno e alla dedizione.
Ci possono togliere la libertà, ma non la capacità di metterci davanti a un bel piatto di lasagna cucinato, improvvisando un forno arrangiato con tre fornelli e una cappa.
3 Merita il terzo posto lo sgabello “torturatore”, fratello legittimo della branda “punitrice”. Solo chi siede e si sdraia giornalmente su questi oggetti può capire l’origine di questi nomignoli che vi assicuro, sono brutali, ma puntualmente azzeccati. Nelle carceri come il nostro, dove l’unico svago sono il tresette, la scopa e la briscola, il “torturatore” può diventare un inestimabile compagno per trascorrere il tempo nelle nostre salette, adibite a “bische”, regno fortuito dei ludopatici.
4 Non tutti bevono caffè, ma ogni cella possiede una macchinetta per farlo. La tradizione vuole che ogni nuovo cellante venga accolto proprio con l’offerta di un caffè. Si tratta di buon costume sopra ogni cosa. Rende il momento difficile del nuovo giunto meno stressante e un po’ più familiare.
5 Il quinto oggetto per importanza è il secchio per i panni. Non importa chi siamo o chi siamo stati prima della carcerazione. Non importa quali erano gli agi e i vantaggi dei giorni da uomini liberi; una volta carcerati tutti devono imparare a lavare i vestiti a mano con il secchio e il detersivo, tornando così alle origini. Non c’è più la mamma, la moglie, la lavatrice per il bucato; c’è il famigerato secchio e bisogna imparare velocemente ad usarlo, almeno negli istituti come il nostro, sprovvisto di lavanderia interna. Chi fa colloqui e non vuole puzzare vede il secchio dei panni come il suo migliore amico. La pulizia è tutto!
6 Ultimo ma non per importanza, è il calendario. Tenere il conto del tempo che passa è importante, altrimenti si viene risucchiati in un vortice dal quale non si riesce più a distinguere un giorno da un altro. Alla domanda: “Che giorno è?”, bisogna sempre essere preparati a rispondere. Un esercizio mentale che ci mantiene connessi con la realtà. Il carcerato non spunta più le lineette sul muro, ma usa il calendario quando riesce a rimediarne uno!
Intervento della redazione del giornale della Casa circondariale di Velletri, “Voci di Ballatoio”, numero 2 – febbraio 2025, , scaricabile da qui.
I numeri di “Voci di ballatoio” finora usciti si trovano nel sito dell’associazione La Farfalla.