Case territoriali di reinserimento sociale al posto del carcere

Anastasìa propone di sperimentare localmente l'istituzione di strutture ad hoc, per pene inferiori a un anno
Un primo piano di Alessandro Margara, il magistrato scomparso sette anni fa.
Un primo piano di Alessandro Margara, il magistrato scomparso sette anni fa.

“Ho proposto di sperimentare localmente l’istituzione delle case di reintegrazione sociale dei condannati a pene brevi o brevissime, coordinando le risorse disponibili e potenziando le strutture di accoglienza esistenti”. Così il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, al termine del webinar per la presentazione della proposta di legge per l’istituzione delle case territoriali di reinserimento sociale. Il webinar, organizzato dall’Archivio Sandro Margara, dalla Fondazione Giovanni Michelucci, dalla Società della Ragione e dall’associazione Volontariato penitenziario Firenze, si è svolto sabato 29 luglio 2023, nel settimo anniversario dalla scomparsa di Alessandro Margara, magistrato, autore della riforma penitenziaria nota come legge Gozzini. Quella delle case di reintegrazione sociale era un’idea di Margara, nell’ambito di una più generale proposta di riforma dell’ordinamento penitenziaria che ora è diventata una proposta di legge ad hoc, primo firmatario il deputato di Più Europa Riccardo Magi.

“A partire dal Covid – ha ricordato Anastasìa nel corso del webinar – ma non solo, anche precedentemente, molti enti territoriali si sono posti il problema dell’housing rivolto alle persone in esecuzione penale che non avevano ragione di stare dentro istituti penitenziari. Ci sono anche esperienze tradizionali più risalenti nel tempo negli enti locali di impegno nell’accoglienza di persone in esecuzione”. Anastasìa ha riferito i dati del Lazio: al 30 giugno erano in esecuzione in carcere 225 persone detenute per pene inflitte inferiori a un anno, 987 quelle con un residuo pena inferiore a un anno.

Per Anastasìa, bisogna fare i conti con le risorse che sono innanzitutto spazi, personale, strutture modalità di lavoro e iniziare a lavorare su un’idea di case come strutture destinate a persone condannate a pena brevissime. “Possono essere strutture degli enti locali o del demanio – ha proseguito a tale proposito Anastasìa – in cui possano attivarsi servizi di base che tendenzialmente non costano o costano poco o che comunque si possono fare senza necessariamente assumere personale, ma affidandosi al volontariato. Mi chiedo se intorno a idee di questo genere non ci si possa già lavorare a livello territoriale, ipotizzando delibere degli enti locali e leggi regionali che vadano nella direzione delle case di reintegrazione sociale, fino a quando questa idea riuscirà a sposarsi con una iniziativa legislativa nazionale. Questo – ha concluso Anastasìa – è il percorso su cui possiamo lavorare anche noi garanti che operiamo sui territori”.