In una accorata lettera i detenuti di Rebibbia Nuovo complesso si rivolgono al Vice Presidente del Consiglio regionale del Lazio Giuseppe Cangemi chiedendogli di farsi ambasciatore delle loro preoccupazioni, istanze e proposte presso le massime istituzioni della Repubblica.
Nella loro lettera i detenuti sottolineano le difficoltà che stanno vivendo a partire dall’impossibilità di mantenere il distanziamento sociale disposto dal Governo per evitare il rischio contagio in carcere, al totale blocco delle attività trattamentali con il divieto sostanziale di ingresso degli operatori che non siano strettamente necessari a causa del rischio contagio, fino al non riconoscimento da parte della Magistratura di Sorveglianza delle Nuove disposizioni normative e in generale dei benefici di legge tesi all’alleggerimento dell’attuale sovraffollamento carcerario.
I detenuti sottolineano anche l’importante lavoro fatto dalla Direzione dell’istituto e dalla polizia penitenziaria per la presentazione delle istanze di detenzione domiciliare, ma rimarcano anche le ricadute negative sul loro stato psicologico, già duramente provato, per i ritardi nelle risposte alle istanze presentate e i rigetti:
In fine i detenuti richiedono “che vengano valorizzate al massimo le relazioni comportamentali dell’istituto e le prognosi in esse contenute e che si conceda un automatismo per la misura della detenzione domiciliare quantomeno per soggetti con pena residua oscillante tra i quindici e i ventiquattro mesi”.