Il Garante in visita alla fortezza di Paliano

La casa di reclusione ospita i collaboratori di giustizia. Vi si svolgono numerose attività volte a ricostruire “identità spezzate” e “identità professionali”.
Il Garante dei detenuti del Lazio e i suoi collaboratori all'ingresso della casa di reclusione di Paliano. Da sinistra: Sarah Grieco, il Garante Anastasìa, Ciro Micera, e Pietro Fargnoli.

Il Garante delle persone private della libertà personale del Lazio, Stefano Anastasìa, è stato in visita alla casa circondariale di Paliano, in provincia di Frosinone, assieme alla responsabile dello sportello dei detenuti dell’Università di Cassino, Sarah Grieco, al coordinatore dell’attività di monitoraggio, Ciro Micera, e al referente per il carcere di Paliano, Pietro Fargnoli.
La direttrice Anna Angeletti e la responsabile dell’area educativa hanno guidato il Garante e il suo staff nella casa di reclusione che si trova all’interno dell’antica rocca, situata su un colle a 476 metri che sovrasta il centro abitato di Paliano.

L’istituto è dedicato ai collaboratori di giustizia. Attualmente ospita 69 persone detenute, 67 uomini e due donne. Alle due sezioni (una maschile e una femminile) dei collaboratori si aggiunge una sezione comuni per malati di Tbc. Come ha spiegato la direttrice, l’istituto pone in essere una serie di iniziative volte a ricostruire, anche attraverso il supporto di psicologi, le identità spezzate dei collaboratori di giustizia che hanno rotto i rapporti con le comunità di origine e, spesso, anche con i propri nuclei familiari, a causa della loro scelta, e a costruire delle identità professionali spendibili poi all’esterno.

L’aspetto è quello di un piccolo paese. La filosofia educativa è quella del massimo impiego del tempo in lavori di restauro, nella cura dell’orto e in altre attività produttive. All’interno delle mura ci sono una pizzeria interna, una sartoria, un laboratorio di ceramica che produce broccame, piatti, tavoli e sedie con le mattonelle in stile Vietri, un laboratorio in cui si decorano grossi ceri. Nell’area dedicata agli animali da cortile si trovano oche, anatre, asini, capre e numerose galline che producono uova destinate al laboratorio di pasta fresca. Sotto l’affresco di uno stemma dei Colonna, si svolgono incontri di musicoterapia, ma anche attività teatrale. Alcuni detenuti sono iscritti a ragioneria e all’università di Cassino. Sono previsti anche corsi di manutenzione area giardino e di arbitraggio.

Le condizioni delle celle sembrano buone e gli spazi comuni ampi. Non ci sono problemi di sovraffollamento e neppure per i colloqui con i famigliari che possono essere sostituiti con video colloqui. Il Garante e il suo staff non hanno raccolto lamentele da parte delle diverse persone detenute incontrate durante la visita, ma la struttura lamenta carenze nel servizio odontoiatrico, segnalate alla Asl di Frosinone, e nella continuità dell’assistenza psicologica. La direttrice chiede che i corsi di formazione professionale svolti all’interno dell’istituto di pena possano essere accompagnati da un attestato di fine corso, spendibile all’esterno, una volta scontata la pena.

Evidenti criticità riguardano lo stato di manutenzione del complesso, appartenuto alla famiglia Colonna. La rocca di epoca medievale fu oggetto di una serie di lavori di adeguamento voluti da Marcantonio Colonna nel periodo 1554-1559, secondo le nuove regole dell’architettura militare dell’epoca. Nel 1844 venne ceduta dai Colonna alla Santa Sede che, dopo alcuni lavori di adattamento, la adibì a casa penale. Dopo l’Unità d’Italia divenne proprietà dello Stato Italiano e fu adibita a casa penale con opifici di lavoro tra cui quello per la confezione di spazzole destinate all’esercito e alla marina. In epoche più recenti, la struttura è stata carcere mandamentale e sanatorio e, alla fine degli anni 70, è stata trasformata in istituto penitenziario. Attualmente il suo aspetto esteriore è quasi integro, mentre all’interno sono tante le modifiche attuate dal 1844 in poi.

Nella Sala del capitano, oggi laboratorio di cucito, c’è un affresco sul soffitto con la rappresentazione del trionfo di Marcantonio Colonna nella Battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571. Le visite sono consentite in giornate dell’anno all’uopo dedicate. “La fortezza di Paliano – ha commentato Anastasìa – è la testimonianza, viva e carica di suggestioni, di oltre un secolo e mezzo di esperienze di detenzione e recupero dei condannati. Sarebbe auspicabile un’azione di conservazione e recupero volta a renderla maggiormente fruibile. Assieme a Gaeta e al carcere borbonico di Santo Stefano Ventotene, il cui progetto di recupero è stato appena avviato, Paliano dovrebbe senz’altro entrare con tutti gli onori tra i luoghi della memoria del sistema carcerario del Lazio da valorizzare”.