Va bene la promozione del lavoro per i detenuti di cui si è discusso martedì scorso al Cnel
di Stefano Anastasìa*
Trentuno suicidi in tre mesi e mezzo, l’ultimo oggi a Como; più di 61mila detenuti per meno di 50mila posti effettivamente disponibili. A Regina Coeli, in questi giorni ci sono 1150 detenuti per 628 posti, praticamente il doppio. Nel Lazio abbiamo un sovraffollamento del 142%, 6731 detenuti per 4742 posti: duemila in eccesso. In questi giorni, su iniziativa della Conferenza dei garanti territoriali, a Roma, Milano, Napoli e decine di altre città, abbiamo letto i nomi dei morti in carcere e di carcere del 2024, compresi quelli di quattro poliziotti che si tolti la vita. Va bene la promozione del lavoro per i detenuti di cui si è discusso martedì scorso al Cnel, ma se i numeri non cambiano, il lavoro sarà un premio per pochi. Servono risposte urgenti, ha detto il mese scorso il Presidente della Repubblica, e noi con lui.
Contro sovraffollamento e suicidi nell’immediato servirebbero coraggio, coerenza e correttezza: il coraggio di un ceto politico che sappia ricorrere a misure di clemenza quando – come oggi – se ne ravvisi la necessità, la coerenza di un ministro che molti mesi fa promise di aumentare le telefonate e le possibilità di contatto dei detenuti con i loro familiari, la correttezza di un’amministrazione che deve adempiere a una sentenza della Corte costituzionale che consente ai detenuti colloqui riservati con i propri partner.
*Articolo pubblicato su Huffpost del 18/4/2024 con il titolo “Suicidi e sovraffollamento: le tre cose che servono al carcere”.