
“E’ insopportabile questo stillicidio di morti nelle carceri italiane e nella nostra regione dove oggi contiamo il secondo caso di suicidio in una sola settimana. Aspettiamo risposte urgenti da parte del governo. I detenuti non vanno in vacanza e hanno bisogno di risposte subito”. Così il Garante delle persone detenute, sentito sabato 19 luglio dal Tgr Lazio, dopo aver appreso che un uomo è stato ritrovato impiccato nella sua cella al primo piano al primo piano del reparto G-12 della casa circondariale di Roma Rebibbia.
Le prime fonti a darne notizia sono quelle sindacali della polizia penitenziaria e la Garante delle persone detenute di Roma Capitale che così scrive in un post su Facebook: “Si è ucciso un altro uomo in carcere questa notte, a Rebibbia Nuovo complesso. Il 42esimo suicidio dell’anno, il terzo in un istituto romano. Il signore era in cella da solo, lavorava, aveva ancora molti anni da scontare. Aveva 54 anni, era italiano, lunedì aveva fatto un colloquio con la sua famiglia, non aveva mai dato segni di malessere psicologico e non era seguito dalla psichiatria interna, forse dal Serd”.
“Davanti a questi numeri drammatici, che fotografano un sistema al collasso, non possiamo restare in silenzio. Il carcere non può diventare una condanna a morte. Ogni suicidio è una sconfitta per lo Stato e per le istituzioni tutte”. Lo dichiara Emanuela Droghei, consigliera regionale del Partito democratico.
“Da tempo- aggiunge Droghei- denunciamo un sovraffollamento intollerabile, come dimostrano i dati di Rebibbia: 1.565 detenuti a fronte di una capienza di poco più di mille posti. E insieme al dramma dei suicidi tra i detenuti, crescono la fatica, lo stress e la disperazione di chi lavora negli istituti penitenziari, con turni massacranti e organici insufficienti. Non servono annunci generici o passerelle istituzionali: servono riforme vere, assunzioni di personale, investimenti per garantire dignità, diritti, percorsi di reinserimento e assistenza psicologica adeguata”.