Bambini e carcere. Rinnovato il Protocollo d’intesa

Ci consideriamo una società civile… in realtà lo siamo fino in fondo? E’ un quesito che dobbiamo porci quando ci troviamo di fronte ad aspetti paradossali, che se non toccassero delle tematiche di grande importanza e delicatezza, risulterebbero farseschi. Tra ambiguità interpretative, ci troviamo di fronte a situazioni tecniche e legislative, che spesso non tengono conto del reale aspetto umano. Ogni anno in Italia, circa 100 mila bambini entrano loro malgrado in carcere, in quanto figli di detenuti, costretti così a vivere come dei reclusi, e va sottolineato che i primi anni di vita di un bambino sono quelli più importanti per la sua formazione futura. Di grande rilevanza risulta a questo riguardo il progetto “Bambini e carcere”, il cui protocollo d’intesa è stato rinnovato in questi giorni. Nato nel 1993 dall’impegno dei volontari di Telefono Azzurro e reso possibile grazie alla collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, questo programma mira alla tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti coinvolti in situazioni di detenzione genitoriale. Il progetto si muove in due direzioni, la fase del “Nido” che permette ai bambini di trascorrere i primi anni da 0 a 6 con la mamma in carcere in una situazione a misura di bambino, e la “Ludoteca” per ammorbidire l’impatto con la dura realtà carceraria al momento del colloquio con il genitore detenuto. Giochi, laboratori, animazione e assistenza, sono le attività che i volontari utilizzano per creare un clima sereno che concorra al recupero degli affetti familiari. Il progetto mette in pratica il principio sancito dall’art. 9 della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, secondo cui il bambino il cui genitore si trova in stato di detenzione, deve poter mantenere con il sottoscritto un contatto adeguato.