Incostituzionale negarli ad alcune categorie di detenuti quale che sia il reato da loro commesso. Lo ha affermato la Corte costituzionale nella sentenza n. 149 dell’11 luglio
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 149, afferma che è incostituzionale negare qualsiasi beneficio penitenziario ai condannati all’ergastolo prima che abbiano scontato almeno 26 anni di detenzione, limitazione incoerente con il principio fissato dall’articolo 27, terzo comma, della Costituzione, secondo il quale le pene “devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Nello specifico la sentenza ha dichiarato incostituzionale l’articolo 58 quater, comma 4, della legge n.354/1975 sull’ordinamento penitenziario dove si applica ai condannati all’ergastolo per i due “reati ostativi” previsti dagli articoli 630 e 289 bis del codice penale, ritenendo che la norma fosse contraria alla logica di progressività con cui, secondo il vigente ordinamento penitenziario, il condannato all’ergastolo deve essere aiutato a reinserirsi nella società, attraverso benefici che gradualmente attenuino il regime carcerario.
Il Garante Anastasìa: Con la sentenza n. 149 la Corte costituzionale ribadisce che la finalità rieducativa della pena vale per tutti i condannati, quale che sia il reato da loro commesso. Spiace per quanti parlano a sproposito di “certezza della pena”, come se fosse un irrevocabile giudizio di Dio a una pena detentiva sempre uguale a se stessa, ma la Costituzione questo dice: che ogni pena ha una sua fine e che ogni pena deve accompagnarsi a un percorso di reinserimento sociale del condannato; certo più lungo e difficile per quanti abbiano commesso gravi reati e debbano scontare lunghe pene detentive, ma dovuto anche nei loro confronti. Questo è, sì, certo, e non è poco!
In calce il comunicato stampa della Corte Costituzionale con il link alla sentenza.