E’ emergenza acqua all’arsenico in diversi istituti del Lazio

Quattro carceri interessate in tre diverse città, con oltre 1.600 detenuti – oltre agli agenti di polizia penitenziaria e a tutte le altre figure che vivono e lavorano in carcere – alle prese con il drammatico problema dell’acqua all’arsenico. 
E’ una vera e propria emergenza quella che sta denunciando, in queste ore, il Garante dei detenutidel Lazio Angiolo Marroni. 
La scadenza della deroga accordata, alla Regione Lazio, dall’Unione  Europea per  l’uso di acqua destinata a consumo umano con elevati livelli di arsenico, sta causando gravi disagi anche in diverse carceri della Regione. Interessate dall’emergenza sono, infatti, il carcere “Mammagialla” di Viterbo (719 detenuti), quello di Latina (158 reclusi, fra cui 32 donne), le due strutture di Civitavecchia, il “G. Passerini” (118 detenuti) e il “Nuovo Complesso” (627 presenti, fra cui 42 donne).
«L’impossibilità di utilizzare l’acqua ad uso umano – ha detto il Garante – per gli elevati valori di arsenico sta causando non pochi problemi in diverse carceri. Mentre, all’esterno, le autorità si stanno organizzando con distributori di acqua depurata, in carcere questo ancora non avviene. Ed i liberi cittadini, rispetto ai detenuti, hanno anche l’opportunità di spostarsi per prelevare acqua non contaminata. I reclusi sono attualmente costretti o a bere l’acqua dei rubinetti o a pagare, di tasca propria, bottiglie di acqua minerale per bere, cucinare e per la cura personale. La salute dei cittadini è un diritto inviolabile, e la sua tutela ci impone di assumere ogni tipo di cautela. Un principio che vale a maggior ragione quando si parla di chi lavora nel carcere e delle persone private  della  libertà  che  spesso  non  possono,  anche per  motivazioni  di  carattere  economico, scegliere l’alternativa più sicura».
A Viterbo – dove già due anni fa il Garante fu protagonista di una polemica con il locale gestore idrico sui livello di arsenico riscontrati nell’acqua utilizzata nel carcere – la direzione del carcere ha chiesto urgentemente l’installazione di un potabilizzatore per tutelare la salute dei detenuti e degli operatori  e  l’ordine  e  la  sicurezza  all’interno  dei reparti  detentivi.  La  struttura,  che  attualmente ospita 719 detenuti a fronte dei 444 posti disponibili, ha un fabbisogno di almeno 400 mc di acqua al giorno. L’urgenza inderogabile del potabilizzatore è legata al fatto che l’invio di acqua potabile garantita  dal  gestore  idrico,  è vanificata  dal  fatto  che    il  serbatoio  del  carcere,  dove  questa confluisce,  è unico,  e  dunque  l’acqua  potabile si  mischia  con  quella  contaminata,  vanificando  la fornitura stessa. Inoltre l’impianto del carcere non è frazionabile e fornisce acqua a tutte le strutture,
comprese le cucine dei detenuti e quella degli agenti, il bar, le sezioni detentive per l’utilizzo diretto (bere, cottura, reidratazione e ricostituzione alimenti, uso personale, docce etc.) 
A Civitavecchia, a seguito della scadenza della deroga, il Sindaco Pietro Tidei, con ordinanza del 31  dicembre  scorso,  ha vietato  l’acqua  contaminata per  uso  potabile,  per  la  cura  dell’igiene personale  e  per  la  preparazione  degli  alimenti ordinando,  contestualmente,  al  gestore  idrico  di garantire – fino al termine dell’emergenza – un adeguato rifornimento di acqua potabile (5/6 litri al giorno) ad ogni cittadino, compresi quelli detenuti nelle due carceri cittadine, dove ancora non  è
stato risolto il problema dell’installazione di potabilizzatori. 
Analoghe  problematiche  si  riscontrano  nel  carcere  di Latina dove,  nonostante  l’emergenza,  i detenuti continuano ad utilizzare l’acqua che esce dai rubinetti.
Al fine di sollecitare un intervento urgente nelle carceri interessate, il Garante ha inviato una lettera ai sindaci di Viterbo, Civitavecchia e Latina ed ai Prefetti  di  Viterbo,  Roma  e  Latina.  « Le mie prerogative istituzionali – ha scritto Marroni –
mi impongono per legge, d’intervenire di fronte a seri rischi che possono ledere i diritti dei detenuti. Uno dei più importanti è il diritto alla salute, alle cure ed alla prevenzione sanitaria. Quello che sta accadendo rispetto al problema arsenico, è  una lesione grave a questo diritto  per tutti i cittadini liberi;  a  maggior ragione  per i cittadini detenuti, costretti ad utilizzare solo l’acqua inquinata del carcere, non potendo approvvigionarsi altrove. Le chiedo di intervenire presso gli Enti gestori del Servizio idrico, per assicurare, con qualsiasi mezzo  approvvigionamenti idrici sani al carcere. Questo, oltre che per garantire il diritto alla salute, anche per assicurare ordine e sicurezza negli istituti».