E’ terminata la protesta nel CIE di Ponte Galeria. Questa mattina i 13 cittadini marocchini che sabato scorso si erano cuciti la bocca hanno deciso di interrompere la loro protesta facendosi rimuovere il filo dalle labbra.
Lo rende noto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni.«Queste persone – ha detto Marroni – hanno deciso di interrompere la loro protesta per sfinimento, non certo perché i loro problemi sono stati risolti. Come già spiegato, qui non stiamo parlando di persone con problemi di giustizia.
E’ tutta gente che, nella vita, ha lavorato duramente e che poi, con il caos seguito alle guerre della primavera Araba, ha visto spazzate via le proprie certezze ed ha guardato, con la speranza figlia della disperazione, all’Europa come l’ultima via di uscita. Spente le luci dei riflettori e terminata la protesta, tocca alla politica fare in modo che il complesso tema dell’immigrazione non torni, di nuovo ,nel dimenticatoio».Sulla protesta choc al CIE di Ponte Galeria, il Garante aveva inviato una lettera alla Ministra dell’Integrazione Cècile Kyenge, invitandola a visitare la struttura romana «per constatare di persona le condizioni di vita all’interno della CIE e per ascoltare le ragioni dei migranti che avevano deciso di cucirsi le labbra». Nelle scorse settimane, Marroni aveva accompagnato la ministra in visita al carcere di Rebibbia Femminile e, in quella occasione, si erano confrontati su temi di attualità come la gestione dei flussi migratori e la presenza degli stranieri in carcere.
Intanto il Garante ha inviato il suo contributo alla Carta di Lampedusa, il documento che vedrà la luce oggi, sull’i sola. Ideata dopo la strage del 3 ottobre 2013, la Carta è un documento storico perché, tramite un open document, si è arrivati a definire che cosa non va e come affrontare, con soluzioni concrete, il tema dell’immigrazione. Secondo il Garante, nell’ultimo decennio il dibattito sull’immigrazione è stato caratterizzato da temi come la «criminalizzazione dello straniero irregolare, l’allontanamento dei migranti, i controlli militari alle frontiere. Un comportamento alimentato da operazioni mediatiche tese ad esaltare la paura della diversità e che ha avuto la conseguenza di affermare una maggiore propensione alla marginalità sociale dei cittadini stranieri, spesso accompagnata da forme di intolleranza razziale». Per questo, non desta stupore il fatto che un terzo dei detenuti è composto da stranieri. L’incidenza degli stranieri in carcere è cresciuta con l’aumento della presenza di migranti in Italia; se alla fine del 1991 i detenuti stranieri erano il 15,1 per cento del totale, a novembre 2013 la percentuale era del 37 per cento.
Il contributo del Garante alla Carta di Lampedusa si basa su due proposte.
1. Accordi bilaterali e identificazione in carcere Nelle carceri italiane la percentuale di sovraffollamento è del 34,41 per cento, che nel Lazio sale al 46,13 per cento. Questi dati pongono in evidenza la necessità di ridurre la popolazione carceraria. Nell’ottica della popolazione straniera in carcere possono ipotizzarsi due provvedimenti attuabili nel breve periodo: Accordi di collaborazione con i Paesi terzi e l’Avvio di processi di identificazione nel carcere. L’obiettivo degli accordi è di permettere ai detenuti di scontare la pena nel loro Paese, per un periodo non superiore a quello previsto dal codice italiano. Per rendere tali operazioni fattibili occorre instaurare una procedura di identificazione dello straniero in carcere. Tale procedura è oggi, lasciata alla competenza del Ministero dell’Interno. L’introduzione, di un meccanismo di identificazione nel carcere è la premessa fondamentale per permettere ai detenuti stranieri di scontare la loro pena nel Paese d’origine. Il Garante si era orientato in tal senso già nel 2012 presentando il progetto PIC (progetto pilota identificazione in carcere) che prevedeva l’istituzione, a Rebibbia, di una Commissione volta ad individuare, gli stranieri detenuti destinatari di un provvedimento di espulsione per provvedere al loro riconoscimento. Il progetto è stato però bocciato.
2. Il superamento del “Sistema CIE” e il potenziamento della “Misura RVA” Il trattenimento degli stranieri nei CIE è una misura da condannare perché discriminatoria e perché ha introdotto la possibilità di affermare, per gli stranieri, una limitazione della libertà personale. Sarebbe pertanto auspicabile introdurre forme di rimpatrio volontario nei Paesi d’origine incentivando la realizzazione di progetti appartenenti al programma RVA (Rimpatrio Volontario Assistito), finanziato dal Fondo europeo per i rimpatri. L’i ntroduzione programmatica di questa misura permetterebbe non solo di evitare il trattenimento nei CIE ma anche di allineare maggiormente le politiche migratorie italiane alle linee guida affermate nella direttiva 115/2008/CE (cd. direttiva “rimpatri”).