Si è chiuso il 2018 un anno contraddistinto da tra elementi: il sovraffollamento, i suicidi e la riforma dell’ordinamento penitenziario.
All’ultimo rilevamento dell’Amministrazione penitenziaria, del 31 dicembre scorso, il numero delle persone detenute negli istituti del Lazio ha raggiunto le 6.534 unità, per un tasso d’affollamento del 124%, sensibilmente più elevato rispetto al 118% a livello nazionale. Vi sono istituti in cui la situazione risulta davvero critica e dove il numero dei presenti sfiora o supera il 150% dei posti disponibili, come a Latina dove il numero delle presenze sfiora il doppio dei posti disponibili, a Regina Coeli con un tasso di affollamento del 154%, a Cassino al 162% e Civitavecchia N.C. con un tasso superiore al 140%. Solo nell’ultimo anno i detenuti nel Lazio sono cresciuti di 297 unità.
“Si tratta di livelli mai raggiunti dal 2014, dopo le misure adottate da Governo e Parlamento a seguito della condanna della Corte Europea dei Diritti umani” commenta il Garante Anastasìa. “È una tendenza preoccupante, che pregiudica le condizioni di vita e di lavoro all’interno degli istituti, come purtroppo rileviamo quotidianamente”.
Per risolvere la questione si potrebbe investire subito nelle misure alternative alla carcerazione, essendo circa un terzo i detenuti che potrebbero beneficiarne, mentre l’orientamento dell’attuale Governo sembra essere quello d’edificare nuovi istituti penitenziari, soluzione quantomeno non a breve termine e particolarmente dispendiosa.
D’altra parte nella riforma dell’ordinamento penitenziario appena approvata, salta agli occhi una mancanza, in cui si sostanzia il principale contributo portato dal nuovo governo all’elaborazione del precedente: la cancellazione di ogni riferimento alle alternative al carcere per gli adulti. Sono stati cancellati tutti gli spiragli che la Commissione presieduta dal professor Giostra aveva individuato per potenziare l’area penale esterna e per superare la centralità che la privazione della libertà ha ancora nel nostro sistema di giustizia penale. Tale era la preoccupazione per simili scelte che, addirittura, sono state cancellate anche quelle specifiche misure mirate alla presa in carico e alla cura all’esterno del carcere delle persone con gravi problemi di salute mentale.
Le misure alternative al carcere, insieme a regimi più umani – quali la limitazione dell’isolamento – e attenti all’affettività, potrebbero anche far da argine all’aumento dei suicidi in carcere che ha caratterizzato quest’anno passato.