Dopo l’allarme sul record dei suicidi nel 2022, lanciato lo scorso 10 novembre dal Portavoce dei Garanti territoriali e Garante del Lazio, Stefano Anastasìa, anche il Garante nazionale sta affrontando il drammatico record di quest’anno con uno studio sui suicidi di persone ristrette negli istituti penitenziari italiani e ne ha resi noti i primi risultati. L’anticipazione, pubblicata oggi sul sito del Garante nazionale, comprende uno spaccato del fenomeno nel 2022 e un’analisi diacronica sugli ultimi dieci anni.
La prima parte, sull’anno in corso, prende in esame una serie di variabili: alcune relative alla persona, come l’età, il genere, la nazionalità, la tipologia di reato ascritto, la durata della permanenza nell’Istituto in cui si è verificato il suicidio, la posizione giuridica, la data del fine pena, eventuali condizioni di particolare vulnerabilità. Si pensi che dei 79 casi di suicidio registrati 33 riguardano persone riconosciute con fragilità personali o sociali (senza fissa dimora, persone con disagio psichico, ecc.).
In undici mesi, da gennaio a novembre del 2022, si sono tolte la vita 79 persone, di cui 74 erano uomini e 5 donne. Se si prende in considerazione non solo lo stesso numero di mesi ma tutti i dodici mesi per ogni anno, si tratta del più alto di suicidi mai registrato negli ultimi dieci anni. Tale dato risulta ancora più allarmante se lo si rapporta al totale della popolazione detenuta nei diversi anni: infatti, nel 2022 si registra una popolazione detenuta media visibilmente inferiore a quella del 2012 – ben 11.687 persone detenute in meno – ma con 23 suicidi in più rispetto a quelli verificatisi in quell’anno. Negli ultimi dieci anni, negli Istituti penitenziari nazionali, si sono verificati 583 suicidi, di persone di età compresa tra i 18 anni e gli 83 anni, quasi la metà delle persone era in attesa di una sentenza definitiva (tasso simile alle persone che si sono suicidate nel 2022).
Per quanto riguarda specificamente i suicidi avvenuti nel 2022, a dispetto di quanto ci si potrebbe aspettare, le condizioni della vita detentiva o la durata della pena ancora da scontare o della carcerazione preventiva spesso non sembrano risultare determinanti nella scelta di una persona detenuta di togliersi la vita. Troppo breve è stata in molti casi la permanenza all’interno del carcere, troppo frequenti sono anche i casi di persone che presto sarebbero uscite. In questi casi sembra piuttosto che lo stigma percepito dell’essere approdati in carcere costituisca l’elemento cruciale che spinga al gesto estremo. 49 persone, pari al 62 % del totale, si sono suicidate nei primi sei mesi di detenzione; di queste, 21 nei primi tre mesi dall’ingresso in Istituto e 15 entro i primi 10 giorni, 9 delle quali addirittura entro le prime 24 ore dall’ingresso. Questo vuol dire che circa un suicidio su cinque si verifica nei primi dieci giorni dall’ingresso nel carcere
Inoltre, fra le 79 persone suicidatesi 5 avrebbero completato la pena entro l’anno in corso 39 avevano una pena residua inferiore a 3 anni; solo 4 avevano una pena residua superiore ai 3 anni e una soltanto aveva una pena residua superiore ai 10 anni. Un picco si è registrato nel mese di agosto, quando in carcere gran parte delle attività si fermano, con ben 17 casi.
Tale quadro complessivo non può non preoccupare e interrogare una Autorità di garanzia che ha il compito di vigilare sul rispetto dei diritti delle persone private della libertà, a cominciare dal diritto alla vita e alla dignità, pur con la consapevolezza che la decisione di porre fine alla propria vita si fonda su un insieme di cause e di ragioni intimamente personali.