RIVEDERE PROCEDURA CHE ASSEGNA, AI GIUDICI DI PACE, IL POTERE DI IRROGARE PENE DETENTIVE AI MIGRANTI

“Rivedere il sistema di procedure in tema di immigrazione che, oggi, assegna ai Giudici di Pace, magistrati onorari non togati e non abilitati per legge ad irrogare pene detentive, il potere di limitare fino a 18 mesi la libertà personale dei migranti”. E’ questo il senso dell’appello rivolto dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marronial Ministro della Giustizia Andrea Orlando e a quello dell’Interno Angelino Alfano.

 

Ad originare l’intervento del Garante, una lettera scritta dagli ospiti stranieri del CIE di Ponte Galeria all’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma che affronta un tema delicato e significativo: il sistema delle udienze di convalida e di proroga relative alla permanenza degli stranieri nei CIE. «Abbiamo deciso di diffondere la lettera dei migrati – ha detto Marroni – perché è l’espressione di un dissenso fermo ma pacifico. Un cambio di rotta importante all’interno del CIE di Ponte Galeria, dopo le proteste choc delle labbra cucite dei mesi scorsi».

Nella lettera – che è stata consegnata ai funzionari del Garante che settimanalmente accedono al CIE per monitorare le condizioni di vita nella struttura –  i migrati lamentano che le udienze di convalida si svolgano in modo troppo sbrigativo, senza approfondire gli aspetti soggettivi ed oggettivi di ciascun caso e di ciascun individuo.

 

Una consuetudine che determina, quasi automaticamente,una condizione di detenzione che può arrivare fino ad un anno e mezzo. Infatti, il trattenimento, pur essendo un provvedimento formalmente amministrativo, si traduce di fatto in una misura che limita la libertà personale  dei cittadini stranieri e che, quindi, necessita della convalida di un Giudice per divenire esecutivo.

«Nei CIE – ha scritto Marroni  – l’autorità competente è il Giudice di Pace, non abilitato per legge ad irrogare pene detentive. A mio avviso, una limitazione della libertà personale che può durare anche fino a diciotto mesi è assimilabile ad una pena detentiva, in un luogo che è di gran lunga peggiore del carcere che pure conosciamo benissimo. Peraltro, nel caso specifico, i Giudici di Pace di Roma versano in una condizione lavorativa complessa, con un forte carico di lavoro che ricade su un numero limitato di Giudici e con i ritardi nell’erogazione degli emolumenti».

 

 

Per questi motivi, prendendo spunto dalla lettera scritta dagli ospiti di Ponte Galeria, il Garante ha invitato i ministri Alfano ed Orlando ad affrontare, in seno al governo, il problema del funzionamento dei Centri di Identificazione ed Espulsione, aprendo una più generale riflessione sulle competenza affidate,  in tema di immigrazione, ai Giudici di Pace.