Verso la chiusura dei reparti di Alta Sicurezza del “Mammagialla” di Viterbo

IL GARANTE DEI DETENUTI ANGIOLO MARRONI SCRIVE AL DAP:
I DETENUTI TRASFERITI NELLE CARCERI DI TUTTA ITALIA, SENZA TENERE CONTO DELLA VICINANZA DELLE FAMIGLIE E DEI PROGRAMMI DI TRATTAMENTO IN CORSO.

Chiudono i reparti di Alta Sicurezza del carcere “Mammagialla” di Viterbo ed i detenuti lì ospitati vengono trasferiti a centinaia di chilometri dalle proprie famiglie,

senza tener conto della vicinanza degli affetti e dei programmi di recupero avviati. E’ questo il senso della lettera che il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni ha inviato al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria

Ad originare l’intervento del Garante, le telefonate e le lettere di protesta giunte in Ufficio da parte dei familiari dei detenuti, che lamentano la casualità delle nuove assegnazioni che non tengono conto della territorialità e della vicinanza dei detenuti alle loro famiglie.

La chiusura dei reparti di Alta Sicurezza del carcere viterbese rientra in un più ampio progetto del Dipartimento riguardante la razionalizzazione delle strutture ospitanti l’Alta Sicurezza.

«Da quanto ci segnalano – ha detto Marroni – molti di questi trasferimenti sono verso la Sardegna ed il Friuli, aggiungendo così ulteriori e pesanti aggravi, sia fisici che economici per i parenti, a volte molto difficili se non impossibili da superare, per ottenere un colloquio. I trasferimenti debbono invece avvenire nel rispetto del diritto dei detenuti a vedere riconosciuta la vicinanza territoriale con la propria famiglia, come previsto da una Circolare del D.a.p., la nr. 364/6104»

«Nel caso degli allontanamenti susseguenti la decisione di chiudere l’Alta Sicurezza di Viterbo – ha concluso il Garante – il criterio della territorialità non viene assolutamente rispettato, ledendo così un diritto fondamentale, centrale per il reinserimento sociale ed in coerenza con il dettato costituzionale, così come dallo stesso Dipartimento ribadito e positivamente specificato; ma al tempo stesso evidenzia il paradosso che il D.a.p. non rispetta le sue stesse indicazioni, peraltro chiare, precise e dettagliate che esso ha emanato nella suddetta circolare».