“Dalla Consulta un importante riconoscimento della illegittimità dei Cpr”

Anastasìa e Calderone: “Purtroppo, la Corte costituzionale rimette al legislatore la responsabilità di colmare questa gravissima lacuna, che lede diritti umani fondamentali”
Anastasìa e Calderone durante una conferenza stampa.

“Un importante riconoscimento della illegittimità della detenzione in Cpr, totalmente priva di riferimenti legislativi sui suoi modi e limiti, in violazione dell’art. 13 della Costituzione. Purtroppo, la Corte rimette al legislatore la responsabilità di colmare questa gravissima lacuna, che lede diritti umani fondamentali. Continueremo la nostra azione di informazione e di tutela dei diritti dei trattenuti finché questo scandalo non avrà fine”.

Così in una nota congiunta il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, e la Garante delle persone private della libertà personale di Roma Capitale, Valentina Calderone, sulla sentenza numero 96, depositata oggi, della Corte costituzionale che ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate rimesse dal Giudice di pace di Roma, chiamato a convalidare provvedimenti di trattenimento di stranieri in un centro di permanenza per i rimpatri (Cpr).

I Garanti Anastasìa e Calderone avevano presentato opinioni scritte, in qualità di “amicus curiae” (“amici della corte”), ammesse con decreto presidenziale del 5 maggio 2025, “argomentando in senso adesivo alle censure del giudice a quo”, concludendo che la mancata previsione di un giudice ad hoc che valuti la lesione dei diritti fondamentali dello straniero trattenuto nei Cpr sia un vulnus intollerabile rispetto agli artt. 3 e 24 Cost.

Il rimettente aveva denunciato che il trattenimento si svolge secondo modalità e procedimenti non disciplinati da una normativa di rango primario, in violazione della riserva assoluta di legge prevista dall’articolo 13, secondo comma, della Costituzione; aveva inoltre lamentato l’omessa previsione di standard minimi di tutela giurisdizionale, con disparità di trattamento rispetto ai detenuti in carcere, che usufruiscono delle garanzie dell’ordinamento penitenziario. La Corte ha riaffermato che il trattenimento nei Cpr implica un “assoggettamento fisico all’altrui potere”, incidente sulla libertà personale, assimilabile alla privazione della libertà personale in ambito penale, ma, a differenza dei detenuti, le persone nei Cpr non beneficiano di un sistema di garanzie strutturato, come quello che viene applicato nelle carceri con l’ordinamento penitenziario. “Non compete a questa Corte colmare lacune legislative”, si legge nella sentenza. Spetta al Parlamento, infatti, adottare una disciplina organica e rispettosa della Costituzione.