“Amomamma” ovvero il carcere visto attraverso un tatuaggio

Il Garante Anastasìa è intervenuto alla presentazione del libro nel teatro di Rebibbia Nuovo complesso

“Le istituzioni totali tendono a uniformare le esperienze, la vita si deve uniformare a quella dell’istituzione, la personalità viene mortificata. Nel carcere, che è un’istituzione totale la prima necessità è quella di trovare modalità di espressione della propria personalità. Nella pena vi è un residuo di libertà che è l’espressione e il tatuaggio è una delle forme di coltivazione delle modalità di espressione”. Così il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, nel corso della presentazione del libro “Amomamma” che si è tenuta venerdì 24 ottobre nel Teatro della Casa circondariale di Rebibbia Nuovo complesso.

Scrivere sulla propria pelle è una pratica che risale a migliaia di anni fa, si legge nella presentazione del libro nel sito dell’editore Meltemi, che così prosegue: “Il volume indaga le caratteristiche di comunicazione, autodeterminazione ed esercizio di libertà legate a questa pratica, mettendone in luce – grazie a una pluralità di punti di vista – le implicazioni all’interno degli istituti penitenziari. Immergendosi nel mondo carcerario, il testo spiega innanzitutto perché per i detenuti – che vivono in una condizione di vulnerabilità e senza adeguate tutele che garantiscano loro sicurezza fisica, psicologica, esistenziale e giuridica – il tatuaggio ha un così elevato valore simbolico: l’immagine stampata sul corpo è l’unica forma tangibile che non può essere sottratta ai privati della libertà. Dopo aver descritto le fonti normative, le tecniche, gli strumenti utilizzati e alcuni aspetti sanitari, il libro affronta la questione della clandestinità, che rende il tatuaggio in carcere molto pericoloso: la direzione verso cui dovrebbero lavorare le istituzioni è quella della ‘riduzione del danno’, sia fisico sia esistenziale. Amomamma invita dunque a riflettere su un fenomeno che riguarda la dignità umana e i diritti fondamentali dei detenuti, con l’ambizioso obiettivo di una convivenza sociale pacifica e inclusiva”.

Gli autori

Daniela Attili vive a Ventotene ed è una psicologa e psicoterapeuta a indirizzo antropologico esistenziale. È stata consulente del Ministero della Giustizia.

Paola Bevere vive a Roma, dove esercita la professione di avvocato e di docente in Diritto dell’esecuzione penale e Diritto penitenziario presso l’Università LUMSA.

Gabriele Donnini, tatuatore, vive a Roma ed è proprietario del Tattooing Demon Studio dal 1986.