“Nell’interesse della stessa istituzione penitenziaria, come delle persone che hanno presentato denuncia alcuni anni fa, è importante che si faccia piena luce su tutti gli episodi denunciati alla magistratura”. Così il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Stefano Anastasìa, alla notizia della riapertura da parte della Procura della Repubblica di Perugia di un fascicolo a carico dei loro colleghi della Procura di Viterbo, per presunta omissione di indagine, ovvero rifiuto di atti d’ufficio, su pestaggi e maltrattamenti che sarebbero avvenuti a Mammagialla. I pubblici ministeri viterbesi non avrebbero dato seguito alle denunce contro la polizia penitenziaria presentate dalle presunte vittime e in particolare dal Garante Anastasia. Due gli esposti di Anastasìa: uno presentato nelle settimane che precedettero il suicidio del giovane egiziano Sharaf Ramadan Meckemar Hassan e uno subito dopo. All’interno di essi anche una testimonianza dello stesso giovane egiziano. Come si legge nell’ordinanza del gip del tribunale perugino, Valerio D’Andria, che ha aperto il fascicolo, il Garante Anastasìa in data 8 giugno 2018 aveva presentato un esposto nel quale erano riportate le dichiarazioni di alcuni detenuti, circa pestaggi subiti in carcere, ma tale esposto fu “trasmesso in archivio”, come si legge nell’ordinanza del gip perugino.
D’Andria chiede dunque ai pm umbri di far luce sull’omesso avvio di un procedimento penale relativamente a degli esposti presentati da Anastasia su otto episodi di violenza, avvenuti tra il 2018 e 2019, ai danni di altrettanti reclusi, compreso Hassan Sharaf. Il ventenne egiziano, a seguito di un tentativo di suicidio risalente al 23 luglio 2018, morì sette giorni dopo all’ospedale di Belcolle. Precedentemente, aveva mostrato ad Anastasìa i segni delle percosse subite, le quali, secondo quanto sostengono oggi i legali della famiglia, sarebbero la causa del profondo stato di malessere da cui sarebbe scaturita la decisione del giovane di togliersi la vita. Con la stessa ordinanza in cui chiede di aprire quest’indagine, il gip perugino ha anche accolto la richiesta di archiviazione per il pm Franco Pacifici, già indagato per rifiuto di atti d’ufficio conseguentemente a un’analoga denuncia sporta dai legati della famiglia di Sharaf ad agosto 2021.
A inizio 2018, il giovane egiziano era stato destinatario di un provvedimento disciplinare che Io spediva in isolamento. Provvedimento sospeso proprio dopo l’ispezione di Anastasìa avvenuta a marzo dello stesso anno. Hassan Sharaf aveva riferito di essere stato oggetto di pestaggi e minacce da parte di alcuni agenti. Sulla vicenda hanno presentato una querela molto articolata anche gli avvocati della famiglia, Giacomo Barelli e Michele Andreano, che, Io scorso dicembre, in occasione della prima udienza del procedimento a carico di due poliziotti della penitenziaria, dissero di essersi avvalsi del supporto tecnico-scientifico di medici legali, producendo “un rapporto di un ente europeo che si occupa di vigilare sulle torture all’interno delle carceri europee e che classifica purtroppo il Mammagialla come pessimo sotto questo aspetto”.
Il procedimento che riguarda i due agenti è nato da uno stralcio del filone principale sull’opposizione alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta contro ignoti, avviata nell’estate di quattro anni fa, per istigazione al suicidio. Barelli e Andreano, che, oltre alla famiglia di Sharaf, rappresentano anche l’ambasciata e il consolato egiziani di Roma, tutti parti civili contro i due imputati, tre mesi fa hanno chiesto un rinvio per attendere la decisione della Procura generale di Roma che il 10 dicembre dello scorso anno ha preso in mano il fascicolo, revocando la richiesta di archiviazione presentata il 15 maggio del 2019 dalla Procura di Viterbo.