Il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, ha inviato una lettera alle direzioni degli istituti penitenziari del Lazio, affinché siano trovate soluzioni idonee a consentire incontri intimi tra le persone detenute e i propri partner, secondo quanto previsto dalla sentenza n. 10/2024 della Corte costituzionale.
“Come noto – si legge nella missiva sottoscritta anche dalla Garante di Roma Capitale, Valentina Calderone – , la Corte costituzionale, con la sentenza n. 10 del 2024, depositata il 26 gennaio 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della legge sull’ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di polizia, quando, tenuto conto del suo comportamento in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, né, riguardo all’imputato, ragioni giudiziarie”.
Una sentenza che tutti sono tenuti ad osservare
I Garanti evidenziano che il tipo decisorio scelto dalla Corte in questa pronuncia è quello della sentenza additiva, avente efficacia erga omnes, vale a dire che tutti i soggetti sono tenuti ad osservare questo tipo di sentenze. “Pertanto- proseguono i Garanti-, la Corte enuncia una serie di regole e criteri, utilizzabili, almeno in una prima fase, dall’amministrazione penitenziaria per orientarsi nella individuazione in concreto delle modalità di attuazione del contenuto dell’addizione che è già operante dal momento della pubblicazione della sentenza. Ad esempio, la Consulta indica che la durata dei colloqui intimi deve essere adeguata all’obiettivo di consentire al detenuto e al suo partner un’espressione piena dell’affettività e che, pertanto, le visite in questione devono potersi svolgere in modo non sporadico, tale da non impedire che gli incontri possano raggiungere lo scopo complessivo di preservazione della stabilità della relazione affettiva”.
Unità abitative appositamente attrezzate
La Consulta, si spiega nella missiva, “ipotizza che le visite a tutela dell’affettività possano svolgersi in unità abitative appositamente attrezzate all’interno degli istituti, organizzate per consentire la preparazione e la consumazione di pasti e riprodurre, per quanto possibile, un ambiente di tipo domestico. Ribadisce che debba essere assicurata la riservatezza del locale di svolgimento dell’incontro, il quale, per consentire una piena manifestazione dell’affettività, deve essere sottratto non solo all’osservazione interna da parte del personale di custodia (che dunque vigilerà solo all’esterno), ma anche allo sguardo degli altri detenuti e di chi con loro colloquia. Specifica che, nella fruizione dei locali predisposti per l’esercizio dell’affettività, siano favorite le visite prolungate per i detenuti che non usufruiscono di permessi premio”.
Direttori, direttrici, la Corte si rivolge proprio a voi
Nella missiva indirizzata alle direzioni delle carceri viene inoltre evidenziato che la Corte costituzionale, pur sollecitando il Parlamento a intervenire per un’auspicabile disciplina organica della materia, tuttavia precisa che, in attesa di tale intervento, è già possibile dedicare degli spazi ai colloqui intimi all’interno degli istituti penitenziari, «laddove le condizioni materiali della singola struttura lo consentano, e con la gradualità eventualmente necessaria».
A tale opera di attuazione della norma introdotta dalla sentenza, la Corte chiama anche l’amministrazione penitenziaria, «in tutte le sue articolazioni, centrali e periferiche, non esclusi i direttori dei singoli istituti» Di qui la missiva dei Garanti Anastasìa e Calderone che così concludono: “Considerato che alla luce della sentenza della Corte costituzionale il diritto ai colloqui riservati con i propri partner appare pienamente riconosciuto e già vigente nel nostro ordinamento, con la presente si chiede a codesta Direzione – nelle more di una disciplina organica e di auspicabili linee di indirizzo dipartimentali – quali iniziative siano state intraprese per dare attuazione a tale decisione e se si sia provveduto ad individuare degli spazi da adibire agli scopi individuati dalla Consulta, anche all’esito di eventuali attività di adattamento”.