La Consulta ammette Anastasìa e Calderone come “amici curiae” nei giudizi sui Cpr

In assenza di un’effettiva tutela giurisdizionale, risultano compromessi i diritti fondamentali dei trattenuti, in violazione dei principi di uguaglianza e di diritto di difesa
Il Palazzo della Consulta a Roma

Il 5 maggio scorso, la Corte costituzionale ha esaminato e ammesso le opinioni scritte formulate dal Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, e dalla Garante di Roma Capitale, Valentina Calderone, in qualità di “amici curiae” (“amici della corte”), nell’ambito dei giudizi di legittimità costituzionale iscritti ai nn. 209, 210, 211 e 212 del registro ordinanze 2024, riguardanti l’art. 14, secondo comma, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”.

Con l’espressione “amicus curiae” si fa generalmente riferimento all’intervento in giudizio di un soggetto terzo (o anche di una pluralità di soggetti), non parte in causa, qualificato a fornire un parere o informazioni per assistere una corte. La Corte costituzionale, dal gennaio 2020 ammette le opinioni degli “amici curiae”, vale a dire “le formazioni sociali senza scopo di lucro e i soggetti istituzionali, portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di costituzionalità” (art. 4 ter delle “Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale”). Gli “amici curiae” “possono presentare alla Corte costituzionale un’opinione scritta” e “con decreto del Presidente, sentito il giudice relatore, sono ammesse le opinioni che offrono elementi utili alla conoscenza e alla valutazione del caso, anche in ragione della sua complessità”.

Nelle opinioni scritte depositate alla Corte lo scorso 10 dicembre, le questioni principali sollevate da Anastasìa e Calderone riguardano la possibile violazione dell’art. 13, secondo comma, della Costituzione, in relazione alla riserva di legge assoluta sui modi di restrizione della libertà personale, e degli artt. 3 e 24, per la mancata previsione di un giudice competente e di procedure di tutela giurisdizionale effettive per le persone trattenute nei Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri).

Anastasìa e Calderone durante una conferenza stampa.

I Garanti sottolineano come l’attuale normativa, in assenza di un’effettiva tutela giurisdizionale, possa compromettere i diritti fondamentali dei trattenuti, violando i principi di uguaglianza e di diritto di difesa, e chiedono un intervento legislativo volto a garantire pienamente il diritto a un giudice competente e procedure di tutela efficaci, conformi ai principi dello stato di diritto. Attualmente, infatti, è il Giudice di pace a pronunciarsi sulla destinazione di una persona in un Cpr, ma successivamente tale giudice non ha più competenza, lasciandosi così le persone trattenute senza una figura equivalente a quella del magistrato di sorveglianza per i detenuti negli istituti penitenziari.

Agli stranieri trattenuti nei Cpr non resta che rivolgersi ai Garanti, ai sensi dell’articolo 14, comma 2bis, del citato testo unico sull’immigrazione: “lo straniero trattenuto può rivolgere istanze o reclami, orali o scritti, anche in busta chiusa, al Garante nazionale e ai Garanti regionali o locali dei diritti delle persone private della libertà personale”.

“Ritengono gli scriventi – si legge nella missiva dei Garanti alla Corte costituzionale – che la mancata previsione di un giudice ad hoc che valuti la lesione dei diritti fondamentali dello straniero trattenuto nei Cpr sia un vulnus intollerabile in uno Stato di diritto, in aperta violazione dei principi desumibili dal combinato disposto degli artt. 3 e 24 Cost. Dunque, mentre nei penitenziari italiani al dovere di dare o di facere dell’amministrazione in tema di diritti fondamentali dei detenuti corrispondono diritti da far valere dinanzi ad un magistrato, al contrario, nei Cpr non sono previsti meccanismi di reclamo idonei a far valere diritti fondamentali e finanche a far cessare eventuali trattamenti degradanti o contrari al senso di umanità”.

In vista dei giudizi ricordati, fissati alla Camera di consiglio del  giugno prossimo, il giudice relatore Stefano Petitti, oltre alle opinioni presentate da Anastasìa e Calderone, ha ammesso anche le opinioni scritte di Antigone onlus, dell’Accademia di diritto e migrazioni (Adim), del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, della Società italiana di medicina delle migrazioni (Simm), dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi – Aps), dell’Arci Aps e della Coalizione italiana libertà e diritti civili (Cild).