“La telemedicina può essere il primo, più duttile e disponibile strumento per assicurare servizi territoriali sempre più performanti e vicini alle necessità di salute. Tecnologie avanzate, quindi, a servizio di un’assistenza di qualità per rispondere concretamente a bisogni socio-assistenziali”. Con queste parole Daniela Donetti, direttrice generale dell’Asl di Viterbo ha introdotto l’evento-dibattito “Aziende smart: l’approccio sistematico alle prestazioni in telemedicina” che si è svolto giovedì 15 settembre nell’aula magna dell’Università degli Studi della Tuscia a Viterbo. L’incontro è stato presentato come confronto tra le aziende sanitarie e ospedaliere del sistema sanitario regionale, rispetto alle esperienze e alle progettualità implementate nell’ambito della telemedicina, ambito che sia il Pnrr che il dm 77/2022, “Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale”, contribuiscono a valorizzare nella logica di una medicina sempre più tempestiva e vicina al paziente.
“Lo sviluppo dei progetti di telemedicina e teleassistenza – ha sottolineato Daniela Donetti – si inserisce in un ampio e articolato processo di riorganizzazione dei servizi e di sviluppo di approcci organizzativi e professionali innovativi, orientati a traghettare il sistema salute verso azioni proattive piuttosto che reattive. Ciò significa integrazione dei diversi livelli ospedaliero, territoriale e sociosanitario, a garanzia della continuità delle cure. Tale processo favorisce il raggiungimento dell’obiettivo della Casa come primo luogo di cura, a cui abbiamo dedicato lo scorso anno un grande evento regionale, e favorisce la costruzione di team strutturati sui bisogni del paziente”.
Nel corso della giornata sono intervenuti anche l’assessore alla Sanità e integrazione socio-sanitaria della Regione Lazio, Alessio D’Amato e la presidente dell’Istituto superiore di studi sanitari, Maria Pia Garavaglia. Un’apposita sessione del workshop, moderata da Antonella Proietti, direttrice sanitaria della Asl Viterbo, è stata dedicata all’accessibilità alle cure da parte della popolazione detenuta. Donato Di Donato, – direttore dell’Uoc Cardiologia dell’ospedale Andosilla di Civita Castellana, ha illustrato i risultati dell’attività di telerefertazione e teleconsulto svolta dal 30 maggio di quest’anno nella casa circondariale “Mammagialla” di Viterbo che ospita circa 500 persone detenute: 32 elettrocardiogrammi; 19 monitoraggi della pressione arteriosa delle 24 ore; 16 holter cardiaci; due teleconsulti. Tutto questo ha consentito di limitare gli spostamenti alle strutture sanitarie e le liste d’attesa. I vantaggi della telepsichiatria e della telepsicologia nel trattamento dei disturbi psichici in condizioni di limitazione della libertà sono state oggetto dell’intervento di Cristiana Morera, direttrice del Dipartimento di salute mentale (Dsm) della Asl Viterbo, la quale ha evidenziato che nel Dsm l’utilizzo della telemedicina non si propone come funzione sostitutiva dei necessari interventi in presenza, ma anzi potrà incrementare, potenziare e migliorare le attività di presa in carico del paziente e il lavoro di equipe, garantendo accessibilità alla cura, continuità e prevenzione degli eventi acuti con conseguente riduzione degli accessi al pronto soccorso e dei ricoveri. Anche all’interno della casa circondariale di Viterbo, la telepsichiatria – attraverso il teleconsulto, la teleconsulenza e la teleriabilitazione – permetterà il rafforzamento dell’attività assistenziale, permettendo di ridurre i tempi di attesa, migliorando le prestazioni, e riducendo, sia per il cittadino detenuto che per l’istituto penitenziario e per la Asl, i costi e indiretti di trasferimenti e piantonamenti.
Discussant di questa sessione, è intervenuto il Garante dei detenuti della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, il quale ha evidenziato che di telemedicina “ancora se ne vede poca negli istituti penitenziari, ma è una grande opportunità ed è importante che le Asl del Lazio, nell’implementazione del Pnrr in materia di telemedicina stiano considerando i detenuti come parte effettiva dell’utenza che deve essere raggiunta da queste nuove modalità di assistenza”.
“Anche quel diritto fondamentale alla salute previsto dalla Carta costituzionale – ha proseguito Anastasìa durante il suo intervento – deve fare i conti con un principio di sicurezza. Questo significa che nella programmazione delle visite specialistiche, della diagnostica, l’equivalenza delle cure spesso non può essere garantita, perché ci sono esigenze organizzative dell’amministrazione penitenziaria. Quante visite specialistiche, quanti esami diagnostici vengono revocati all’ultimo momento, perché non è disponibile la scorta per la traduzione? Dall’altra parte – ha concluso Anastasìa – ci sono persone che hanno aspettative di cura e assistenza e che non hanno altra possibilità di accedere fosse pure privatamente come le persone libere possono fare”.