Ginnastica tra quattro mura con i visori di realtà virtuale

Alcuni detenuti di Regina Coeli sono impegnati nel progetto "Work (In) Out"

L’associazione romana Semi di libertà onlus sta attuando alcune attività finalizzate al benessere psicofisico e alla formazione dei detenuti, attraverso l’utilizzo di visori di realtà virtuale. Si tratta del progetto “Work (in) Out”, finanziato dalla Regione Lazio e avviato a Regina Coeli in via sperimentale, al quale dovrebbe presto seguire “E-vision” che vede come partner il Dipartimento di psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione dell’università di Roma La Sapienza. Momentaneamente sospese a causa dell’emergenza epidemiologica, le attività dovrebbero riprendere lunedì prossimo, riferiscono gli organizzatori, quarantene e contagi improvvisi permettendo.

“Work (In) Out” è finalizzato ad assicurare una migliore condizione psicofisica per quanti sono ristretti nella struttura, mediante un’attività di fitness virtuale. I detenuti possono allenarsi e svolgere attività motoria con il supporto di visori di realtà virtuale che utilizzano software in grado di personalizzare l’allenamento, forniti dalla società romana Keiron Interactive. Le persone detenute sperimentano così la sensazione di essere in un ambiente diverso, durante un allenamento, con un programma che prevede esercizi completi da massimo 15 minuti, in uno spazio di tre metri per tre, cui vanno sommati su ogni lato 50 entimetri aggiuntivi per migliorare la sicurezza dell’utente, che non necessita di arredi o strutture particolari.

Paolo Strano, presidente dell’associazione romana Semi di libertà onlus.

“Con il progetto Work (in) Out- spiega Paolo Strano, presidente dell’associazione Semi di libertà onlus – per la prima volta in Europa, abbiamo utilizzato i visori di realtà virtuale come attività trattamentale per gli istituti detentivi, testandone le grandi potenzialità, anche in caso di nuove restrizioni all’accesso nelle carceri”.

“Il progetto con i visori di realtà virtuale – aggiunge Paolo Strano – nasce come attività trattamentale intramuraria innovativa, ed è uno strumento sul quale puntiamo moltissimo, perché riteniamo abbia potenzialità enormi nel mondo ristretto del carcere, dove l’assenza di spazi, visioni e orizzonti può essere vinta grazie alla possibilità di esplorare, di ‘evadere’ grazie alla proiezione in un altro contesto, virtuale ma estremamente immersivo. Nasce grazie ad un incontro con una start-up romana, Keiron, che ha sviluppato un software inizialmente destinato alle palestre, che stiamo utilizzando per proporre attività fisica ai detenuti di Regina Coeli. Il progetto è stato finanziato dalla Regione Lazio, e stiamo riscontrando tutte le potenzialità che avevamo immaginato. Naturalmente, è sperimentale, è la prima volta in Europa che la realtà virtuale viene utilizzata in carcere per attività simili, per cui abbiamo bisogno sia di validarla sia di svilupparla per renderla ancora più efficiente e confacente alle necessità della popolazione detenuta, e per questo abbiamo trovato la collaborazione di un dipartimento della facoltà di psicologia dell’Università La Sapienza di Roma. Il nuovo progetto – conclude Paolo Strano – si chiama ‘E-vision’, e aspira a diventare una buona pratica replicabile ovunque, non solo in Italia. Per il futuro si potrebbe pensare di portare le persone detenute anche nei musei, nei siti archeologici”.

L’attività della onlus Semi di libertà e la rete di “Economia carceraria”

L’associazione Semi di libertà dal 2013 realizza percorsi di inclusione per persone in esecuzione penale. “Il nostro focus – spiega Paolo Strano – , da sempre, è soprattutto sulle persone che riescono ad accedere alle misure alternative ed alle attività extramurarie, perché riteniamo sia strategico per costruire un ponte con l’esterno, per preparare al reinserimento, alla risocializzazione. Siamo partiti con un piccolo birrificio artigianale dentro una scuola, un istituto agrario nella periferia di Roma, dove accoglievamo detenuti in art.21 da Rebibbia, e al contempo realizzavamo un lavoro pedagogico con i ragazzi della scuola che, come tutti i loro coetanei, misconoscono la realtà carceraria, e spesso cadono vittima di disvalori. Il birrificio Vale la Pena ha chiuso nel 2019, e ‘spin-off’ di quella iniziativa è un Pub omonimo, ancora oggi attivo nel quartiere Appio Tuscolano a Roma, dove lavorano detenuti in esecuzione penale esterna, e vengono serviti e venduti prodotti fatti nelle carceri di tutta Italia, siamo infatti tra i fondatori ed i promotori di una rete di produttori penitenziari, “Economia Carceraria”, che oggi è anche un e-commerce”.