“Nessuna denuncia per maltrattamenti, prima che Abdel Latif arrivasse al San Camillo”

Anastasìa ripercorre le tappe della vicenda del 26 enne tunisino, dal Cpr di Ponte Galeria al Grassi di Ostia e poi al nosocomio romano
Ben Wassem Abdel Latif, deceduto nell'ospedale san Camillo di Roma, dopo 63 ore legato a un letto di contenzione.

“Nessuno di noi aveva ricevuto denunce di maltrattamenti su Ben Wassem Abdel Latif, prima che dal Cpr di Ponte Galeria arrivasse volontariamente ai servizi psichiatrici di diagnosi e cura dell’ospedale San Camillo, perché lui stesso aveva chiesto la visita con una psicologa, la psicologa aveva chiesto la visita specialistica psichiatrica e lo psichiatra aveva prima consigliato e poi disposto l’ospitalità presso un ospedale per poterlo valutare nel migliore dei modi”. Così Anastasìa, ripercorrendo le tappe della vicenda di Abdel, nel corso della conferenza stampa sui dati 2021 sui luoghi di privazione della libertà nel Lazio.

“Abdel arriva all’ospedale Grassi sulle sue gambe per un ricovero volontario – ha proseguito Anastasìa -, perché aveva testimoniato una sofferenza psicologica. Poi dopo ci sono stati cinque giorni di degenza prima al Grassi e poi al San Camillo cui è seguita la morte. Quando sono stato al Cpr ho potuto verificare che era stato trattenuto al San Camillo in contenzione per 63 ore, dalla documentazione medica ho verificato che Abdel è stato contenuto anche quando è arrivato al Grassi. Sappiamo che questa degenza, che sembra essere maturata come una scelta volontaria di assistenza medica, si è protratta per cinque giorni in contenzione. Questa è una cosa che va verificata”.

Secondo Anastasia, “la stretta necessità di questa contenzione, che non è un atto medico ma di cautela per la sicurezza degli ambienti e della persona, va monitorata e limitata all’indispensabile”.
Tornando ai presunti maltrattamenti subiti, “sappiamo che da parte di alcuni compagni di trattenimento di Abdel nel Cpr di Ponte Galeria e dei familiari di Abdel arriva la segnalazione che nei giorni precedenti avesse fatto riferimento a maltrattamenti dentro il centro – ha proseguito Anastasìa – Ma questi maltrattamenti, per la documentazione fin qui emersa, non sono emersi nell’accesso al Pronto soccorso del Grassi dove, se ci fossero stati, sarebbero stati registrati quanto meno per medicina difensiva. Dall’autopsia vedremo se ci sono altre cose che ad oggi non sono emerse. Mi batterò fino alla fine perché sia fatta piena luce su questi due episodi. Sarebbe intollerabile se queste morti fossero state causate da una negligenza o sottovalutazione se non proprio da un abuso di operatori delle istituzioni pubbliche”.