Maltrattamenti in carcere, aperto il procedimento a carico dei due magistrati di Viterbo

Ammessi come parti civili la Presidenza del Consiglio dei ministri, il ministero della Giustizia, il Garante dei detenuti e i familiari di Hassan
Sharaf Hassan, il giovane egiziano deceduto nell'ospedale di Belcolle, sette giorni dopo dopo essersi impiccato nel carcere di Viterbo.
Sharaf Hassan, il giovane egiziano deceduto nell'ospedale di Belcolle, sette giorni dopo dopo essersi impiccato nel carcere di Viterbo.

Si è aperto ieri davanti al gup di Perugia il procedimento per il reato di “rifiuto o omissione d’atti d’ufficio”, a carico del procuratore di Viterbo, Paolo Auriemma, e della pm Eliana Dolce, sospettati di non aver indagato in maniera approfondita su pestaggi e violenze subite da alcuni detenuti del carcere Mammagialla. Violenze denunciate in un esposto del Garante per il Lazio presentato l’8 giugno del 2018. Il procedimento, secondo la ricostruzione dell’accusa, venne iscritto dai magistrati di Viterbo solo il primo agosto del 2018 “nel registro modello 45 (fatti non costituenti notizia di reato) nonostante dallo stesso emergessero specifiche notizie di reato”.
Presente l’Avvocatura dello Stato, nel corso dell’udienza sono state ammesse come parti civili la Presidenza del Consiglio dei ministri, il ministero della Giustizia, il Garante dei detenuti della Regione Lazio e i prossimi congiunti di Hassan Sharaf, il detenuto egiziano che nel luglio del 2018 morì all’ospedale Belcolle dopo una settimana di agonia dopo essere stato trovato nella cella del carcere con una corda artigianale ricavata da un asciugamano attorno al collo. A rappresentare questi ultimi l’avvocato Michele Andreano. La Procura della Repubblica di Perugia, che già in fase di indagine preliminare aveva chiesto l’archiviazione, negata dal gip, ha rinnovato la conclusione. Dopo la discussione, l’udienza è stata aggiornata al 18 ottobre.