Nuovo Decreto immigrazione: novità per il Garante nazionale dei detenuti

Pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto che proroga di due anni l’attuale mandato, introduce l’istituto della delega ai garanti territoriali e sancisce l’operatività del Garante nazionale come meccanismo nazionale di prevenzione della tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

 

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 261 serie generale del 21 ottobre 2020 il decreto legge n. 130, “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all’utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale”.

 

L’articolo 13 contiene modifiche alla disciplina sul Garante nazionale delle persone detenute o private della libertà personale, intervenendo innanzi tutto sulla denominazione, dalla quale spariscono le parole “detenute o”. Si consente inoltre espressamente al Garante nazionale di delegare i garanti territoriali, in specifiche circostanze e per un tempo limitato, per lo svolgimento dei compiti assegnati dalla legge allo stesso Garante nazionale, si proroga di due anni il mandato del collegio attualmente in carica, e si sancisce l’operatività del Garante quale meccanismo di prevenzione della tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

 

Come si legge nella relazione introduttiva, “nei quattro anni del suo mandato, ha esercitato i suoi compiti in conformità alle prescrizioni normative sovranazionali che regolano gli organismi di prevenzione della tortura e delle altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti, adottando innumerevoli misure effettive di prevenzione finalizzate a migliorare la condizione delle persone private della libertà personale”.

 

 

Pertanto, prosegue la relazione introduttiva, “nel particolare momento di crisi socio-sanitaria in atto, destinata ad incidere negativamente anche sulla condizione delle persone private della libertà personale, appare necessario intervenire con modifiche urgenti alla suddetta disciplina al fine di definire il ruolo del Garante nel quadro normativo nazionale, di rendere più efficace l’esercizio del mandato assegnato dalla legge e di conservare nel tempo l’esperienza maturata dall’attuale collegio e dalla struttura di cui esso si avvale”.

 

Il decreto 130 integra la disciplina contenuta nell’articolo 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 nel senso di:

– rimodulare la denominazione del Garante nazionale per renderla coerente alla pluralità dei compiti svolti;

– ridefinire sul piano normativo primario il ruolo di meccanismo nazionale di prevenzioneai sensi dell’articolo 3 del Protocollo opzionale alla Convenzione contro tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottato il 18 dicembre 2002;

– consentire espressamente al Garante nazionale di delegare i garanti territoriali, in specifiche circostanze e per un tempo limitato, per lo svolgimento dei compiti assegnati dalla legge allo stesso Garante nazionale;

– prorogare di due anni il mandato del collegio attualmente in carica.

 

In merito all’espunzione del riferimento alle persone detenute (comma 1, lettera a), il legislatore osserva “che la ricomprensione nel mandato istituzionale di aree d’intervento che interessano la privazione della libertà de iure de facto – quali quelle inerenti la tutela dei diritti delle persone con disabilità ospitate nelle Residenze socio-sanitarie assistenziali o quelle attinenti alla presenza sul territorio nazionale di persone provenienti da Paesi terzi che vi hanno fatto ingresso irregolare e le procedure dell’eventuale rimpatrio – si è sviluppata nel corso dell’attività del Garante nazionale in osservanza degli obblighi assunti dall’Italia in forza di Convenzioni e accordi internazionali. E’ questo dato fattuale che impone oggi di intervenire sulla denominazione del Garante nazionale così da renderla evocativa di ogni situazione riconducibile alla privazione della libertà, senza che, dall’uso di un linguaggio non del tutto adeguato, sia percepito che le ulteriori forme di privazione della libertà risultino riconducibili anch’esse alla ‘detenzione’”.

 

Nel decreto viene inoltre sancita l’operatività del Garante nazionale come meccanismo nazionale di prevenzione della tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, in coerenza con l’obbligo previsto dalla legge 9 novembre 2012 n. 195 di ratifica ed esecuzione del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni unite contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, votato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2002.

 

In merito alla delega ai garanti territoriali, si legge nella relazione introduttiva che “l’ampiezza delle aree di competenza dell’esercizio del mandato istituzionale e l’articolazione di ognuna di esse sul territorio nazionale, comporta altresì la necessità che sia data facoltà all’organo di garanzia nazionale di adempiere alle sue funzioni anche attraverso gli organi della rete dei garanti”.