Una sentenza riconosce il diritto alla Naspi anche in caso di scarcerazione

La disoccupazione involontaria si verifica sia in caso di cessazione del rapporto di lavoro per scarcerazione che per turnazione prevista dai regolamenti penitenziari
Milano, 2006 . Carcere di San Vittore (Foto di Gianni Berengo Gardin/Contrasto)
Milano, 2006 . Carcere di San Vittore (Foto di Gianni Berengo Gardin/Contrasto)

“Il mancato riconoscimento della indennità di disoccupazione ai detenuti che lavorano in carcere alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria non è solo una ingiustizia, che ha tentato di cancellare decenni di evoluzione del diritto penitenziario verso la piena equivalenza del lavoro dei detenuti al lavoro libero, ma costituisce anche la premessa dello stato di disperazione di migliaia di detenuti che un tempo potevano contare sulla indennità di disoccupazione nei periodi in cui dovevano cedere il lavoro ad altri perché tutti potessero guadagnarsi qualcosa da vivere in carcere”. Così il Garante delle persone sottoposte alle misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, alla notizia della sentenza del Tribunale di Milano che riconosce nuovamente il diritto di ricevere la Naspi (Indennità di disoccupazione) da parte di quei detenuti che hanno prestato la propria attività lavorativa per l’amministrazione penitenziaria (lavoro interno).

Anche in questo caso si tratta di un ricorso presentato per una Naspi rifiutata da Inps in seguito a scarcerazione (in questo caso affidamento ai domiciliari), ma il giudice scrive una cosa molto interessante: la disoccupazione involontaria, che consente l’accesso all’indennità di disoccupazione, si verifica sia in caso di cessazione del rapporto di lavoro per scarcerazione che per turnazione prevista dai regolamenti penitenziari.
In ogni caso prossimamente ci troveremo ad affrontare il giudizio lo specifico tema del diritto alla Naspi con turnazione, visto che, grazie alla presenza a San Vittore e Bollate con lo sportello diritti sono state raccolte in questi mesi oltre 100 domande.

“Si spera – prosegue Anastasìa – che Inps e Dap tornino rapidamente sui propri passi e riconoscano in automatico il diritto alla Naspi senza dover affrontare ogni volta il giudizio. Ora chi non ha una famiglia alle spalle dipende dal miserevole vitto che passa il convento, dalla carità altrui, se non da consorterie criminali attive fuori e dentro il carcere. Aspettiamo che le decisioni della magistratura si consolidino, anche per il lavoro a turni in carcere. Nel frattempo – conclude Anastasìa -chiediamo all’Inps e al Dap di tornare sui propri passi e alle direzioni delle carceri di non ostacolare la richiesta dell’indennità di disoccupazione da parte dei detenuti, in modo da consentigli di ricorrere al giudice del lavoro se l’Inps si ostinerà a non riconoscere questo fondamentale diritto ai detenuti lavoratori”.