Maltrattamenti in carcere: imputati il procuratore capo di Viterbo e una sostituta

Non diedero seguito agli esposti del Garante Anastasìa
Sharaf Hassan, il giovane egiziano deceduto nell'ospedale di Belcolle, sette giorni dopo dopo essersi impiccato nel carcere di Viterbo.
Sharaf Hassan, il giovane egiziano deceduto nell'ospedale di Belcolle, sette giorni dopo dopo essersi impiccato nel carcere di Viterbo.

Il procuratore della Repubblica di Viterbo Paolo Auriemma è indagato a Perugia per rifiuto od omissione di atti d’ufficio, per non aver dato seguito alle segnalazioni di violenze sui detenuti nel carcere ‘Mammagialla’, anche oggetto di due esposti del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa.

Insieme ad Auriemma, è indagata anche la pm di Viterbo Eliana Dolce. Fra i detenuti che avevano denunciato violenze c’era anche Sharaf Hassan, il detenuto egiziano che nel luglio del 2018 si impiccò in una cella del ‘Mammagialla’, utilizzando una corda artigianale ricavata da un asciugamano. Hassan morì sette giorni dopo all’ospedale di Belcolle. I pubblici ministeri viterbesi non avrebbero dato seguito alle denunce presentate dalle presunte vittime e dal Garante Anastasia.

Due gli esposti di Anastasìa: uno presentato nelle settimane che precedettero la morte del giovane egiziano e uno subito dopo.  Poi dagli esposti dei difensori della famiglia di Sharaf e dall’avocazione del procedimento presso la procura generale di Roma è nato questo nuovo procedimento per omissione di atti di ufficio, incardinato per competenza territoriale presso la procura di Perugia dove Anastasìa è stato ascoltato il 4 marzo 2022.

Dopo la richiesta di rinvio a giudizio, il gip ha fissato per il prossimo 29 giugno l’udienza preliminare. Nel procedimento figurano parti offese il ministero della Giustizia, il Garante dei detenuti del Lazio e i familiari del detenuto egiziano, per la cui morte la Procura generale di Roma ha chiuso le indagini nei confronti di sei persone, quattro delle quali indagate per omicidio colposo in concorso, tra questi l’allora direttore del carcere, medici e agenti della penitenziaria.