I vent’anni dei Garanti territoriali dei detenuti

Anastasìa: “Regioni, province e comuni in prima fila nell’attuazione dell’articolo 27 della Costituzione”.
Un momento della conferenza "Carcere e diritti, a vent'anni dalla nascita dei Garanti", nella sala Giolitti della Provincia di Cuneo.
Un momento della conferenza "Carcere e diritti, a vent'anni dalla nascita dei Garanti", nella sala Giolitti della Provincia di Cuneo.

Era il 14 maggio 2003 quando Roma Capitale deliberava l’istituzione della prima figura di garanzia dedicata alle persone detenute in Italia. Di lì a pochi mesi, con legge regionale n. 31 del 6 ottobre 2003, veniva istituito il primo garante regionale, quello della Regione Lazio. Oggi si contano 80 figure di garanzia per le persone private della libertà di regioni, province autonome, province e aree metropolitane, e comuni.

“Si pensava a una sperimentazione locale di una figura nazionale che già s’ipotizzava, ma nelle more del procedimenti legislativi e delle discussioni parlamentari, si pensò: vediamo se si può fare sul territorio”. Così Stefano Anastasìa, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio e Portavoce della Conferenza dei Garanti territoriali, nel corso della conferenza “Carcere e diritti, a vent’anni dalla nascita dei Garanti”. Organizzata dal Garante regionale del Piemonte, Bruno Mellano, la conferenza si è svolta martedì 23 maggio, nella sede della Provincia di Cuneo, ospiti del suo presidente, Luca Robaldo.

“Così nascono i garanti comunali, provinciali e regionali – ha proseguito Anastasìa – e nasce un’esperienza molto importante che, dieci anni dopo di fatto ha portato all’istituzione del Garante nazionale, con la legge alla fine del 2013 e la costituzione del primo collegio nel 2016. Credo che l’esperienza condotta a livello territoriale abbia fatto riscoprire il valore e l’importanza dei territori nella materia dell’esecuzione penale e della privazione della libertà. Quindi credo che anche dopo l’istituzione del Garante nazionale, i Garanti territoriali hanno mantenuto la loro ragione di esistenza e ne hanno trovato di nuove”.

Citando l’art. 27 comma 3 della Costituzione (“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”), Anastasìa ha sottolineato la responsabilità dei territori in materia penitenziaria.

“L’articolo 27, comma 3, della Costituzione chiama a una responsabilità repubblicana, non solo dell’amministrazione della giustizia, ma anche di altre amministrazioni centrali, degli enti territoriali e della cittadinanza attiva. Se si vuole tenere fede all’articolo 27, cioè attuare pene che non siano lesive della dignità della persona e che perseguano la finalità di recupero e reinserimento sociale, l’apporto degli enti territoriali è fondamentale Pensiamo al fornire ai detenuti assistenza sanitaria adeguata, rieducazione scolastica, formazione professionale e orientamento al lavoro, tutte materie di competenza degli enti territoriali. Quindi serve l’attivazione del territorio, altrimenti l’articolo 27 rimane lettera morta. La nostra responsabilità di Garanti territoriali è innanzitutto quella di stare dalla parte delle amministrazioni territoriali, sollecitarle a fare tutto ciò che è nella loro possibilità e nella loro responsabilità per concorrere a quello scopo che è dato dall’articolo 27 della Costituzione. Per questo l’esperienza dei Garanti territoriali è importante per il passato ma soprattutto per il futuro e andrebbe irrobustita”.

La Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà, istituita presso la Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome, rappresenta gli organismi di cui si sono dotati regioni ed enti locali, in base alla legislazione nazionale e regionale. In ottobre è in programma un’iniziativa nazionale organizzata dalla Conferenza e dai garanti di Roma e del Lazio.