“Ci è stata presentata una ricerca dell’Università di Cassino e del Lazio meridionale che ci ha portato la voce nei detenuti sul tema di come vivono la propria affettività. L’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale del Lazio sarà il motore per tradurre le conclusioni legislative di questo lavoro in un disegno di legge da inviare al Parlamento”. Così il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio Devid Porrello, a conclusione dell’incontro per la presentazione “Affettività e carcere, un progetto di riforma tra esigenze di tutela contrapposte” che si è svolto oggi alla Pisana. è questa la risposta all’appello della senatrice Monica Cirinnà, relatrice in commissione Giustizia del Senato di un disegno di legge d’iniziativa del Consiglio regionale della Toscana, volto appunto a modificare le norme in materia di relazioni tra le persone detenute e i propri familiari e i propri affetti, “persone innocenti all’esterno che scontano anche loro una pena”, come ha sottolineato Cirinnà durante il suo intervento in sala Mechelli del Consiglio.
La senatrice ha riferito anche delle difficoltà che incontra il disegno di legge di cui è relatrice. “Non credo che il Parlamento approverà mai la legge della Regione Toscana, ma chiedo a tutte le regioni e di presentarne una analoga, a cominciare dal Consiglio regionale del Lazio”. Di qui la risposta di Porrello e del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, secondo il quale “durante la pandemia si è rotto il tabù del digitale con le videochiamate, adesso è tempo di rompere il tabù delle sessualità nelle carceri, così avviene in molti paesi del mondo spesso considerati meno avanzati del nostro”. Anastasìa, dal canto suo, auspica che la commissione per la riforma del sistema carcerario istituita dalla ministra Marta Cartabia tenga conto delle necessità emerse dalla ricerca dell’Università di Cassino presentata alla Pisana.
Dopo i saluti del presidente del Consiglio regionale del Lazio, Marco Vincenzi, e del Rettore dell’Università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale, Marco Dell’Isola hanno illustrato i risultati della ricerca “Affettività e carcere”, Sarah Grieco, responsabile della ricerca, e Simone Digennaro. Dalla ricerca nel corso della quale sono stati intervistati 200 detenuti e operatori penitenziari di quattro istituti penitenziari del Lazio sono emersi numerosi disagi socio-affettivi e relazionali, dovuti soprattutto al sovraffollamento che non consente la predisposizione di locali adeguati, dove poter effettuare colloqui con i propri familiari. Insufficienti sono considerati gli spazi verdi dotati di attrezzatura per bambini e i colloqui telefonici, di soli dieci minuti ciascuno, con costi sproporzionati e in assenza di privacy. Inadeguati gli spazi per l’affettività, inesistenti quelli per l’intimità, considerata dalle persone detenute fondamentale per preservare il rapporto con il proprio partner. Gestite da operatori esterni, sono a pagamento le email sia in uscita sia in entrata. Le restrizioni e i contatti con il mondo esterno sono considerati inadeguati dalla maggior parte delle persone detenute intervistate. Di qui la proposta dell’Università di Cassino e del Lazio meridionale, volta a modificare la normativa vigente in modo da poter permettere il colloquio intimo, a prevedere soluzioni differenti per gli incontri tra adulti e per quelli tra persone detenute adulte e bambini, e a istituzionalizzare il colloquio pranzo, oggi nella discrezionalità della direzione dell’istituto penitenziario, nonché a rivedere la disciplina delle comunicazioni telefoniche
Nel corso dell’incontro, sono intervenuti anche Leonardo Circelli, magistrato del Tribunale di sorveglianza di Roma e Ottavio Casarano, direttore della casa di reclusione di Roma Rebibbia.