Ergastolo ostativo, Consulta: la collaborazione non sia l’unica via per la liberazione condizionale

Per la Corte costituzionale, "non necessariamente è sintomo di credibile ravvedimento"
Un dettaglio della facciata del Palazzo della Consulta.

La collaborazione per i mafiosi condannati all’ergastolo ostativo non può essere l’unica via per accedere alla liberazione condizionale, ma spetta al Parlamento individuare le alternative. Lo sottolinea la Corte costituzionale nelle motivazioni dell’ordinanza con cui il 15 aprile scorso ha affermato l’incompatibilità dell’ergastolo ostativo con la Costituzione, dando un anno di tempo al Parlamento per legiferare.

La collaborazione con la giustizia, spiega la Corte, “certamente mantiene il proprio positivo valore, riconosciuto dalla legislazione premiale vigente” e non è irragionevole presumere che l’ergastolano non collaborante mantenga vivi i legami con l’organizzazione criminale di appartenenza. Tuttavia, l’incompatibilità con la Costituzione si manifesta nel carattere assoluto di questa presunzione poiché, allo stato, la collaborazione con la giustizia è l’unica strada a disposizione dell’ergastolano ostativo per accedere al procedimento che potrebbe portarlo alla liberazione condizionale.

“La collaborazione con la giustizia non necessariamente è sintomo di credibile ravvedimento, così come il suo contrario non può assurgere a insuperabile indice legale di mancato ravvedimento: la condotta di collaborazione ben può essere frutto di mere valutazioni utilitaristiche in vista dei vantaggi che la legge vi connette, e non anche segno di effettiva risocializzazione, così come, di converso, la scelta di non collaborare può esser determinata da ragioni che nulla hanno a che vedere con il mantenimento di legami con associazioni criminali”.

Secondo la Consulta spetta, però, al Parlamento, in prima battuta, modificare questo aspetto della disciplina relativa al cosiddetto “ergastolo ostativo”. Un intervento meramente “demolitorio” della Corte, infatti, potrebbe produrre effetti disarmonici sul complessivo equilibrio di tale disciplina, compromettendo le esigenze di prevenzione generale e di sicurezza collettiva che essa persegue per contrastare il fenomeno della criminalità mafiosa. Appartiene invece alla discrezionalità legislativa decidere quali ulteriori scelte possono accompagnare l’eliminazione della collaborazione quale unico strumento per accedere alla liberazione condizionale. Fra queste scelte “potrebbe, ad esempio, annoverarsi la emersione delle specifiche ragioni della mancata collaborazione, ovvero l’introduzione di prescrizioni peculiari che governino il periodo di libertà vigilata del soggetto in questione”. Perciò la Corte ha ritenuto necessario rinviare il giudizio e fissare una nuova discussione alla data del 10 maggio 2022, così da garantire al legislatore il tempo necessario per affrontare la materia.