Il Garante ricorda l’anniversario della strage di Lampedusa

«Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Internazionale dei Migranti, dal Duemila ad oggi oltre 22.000 migranti hanno perso la vita nel Mediterraneo, cercando di raggiungere le coste europee. Io credo sia importante diffondere  questi numeri fra l’opinione pubblica ad un anno di distanza dai drammatici verificatisi a Lampedusa».

Lo dichiara in una nota il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni in occasione dell’anniversario della strage di Lampedusa, quando circa 400 migranti perirono nel naufragio del barcone con cui cercavano di raggiungere le coste italiane.

I dati diffusi il 29 settembre dall’Organizzazione Internazionale dei Migranti (OIM) nel rapporto “Fatal Journeys: Tracking lives lost during Migration” evidenziano come l’Europa rappresenti la destinazione più pericolosa da raggiungere per i migranti privi di un regolare visto d’ingresso.

«La ricorrenza di oggi – ha aggiunto Marroni – pone con forza la necessità di rivedere le politiche italiane e comunitarie sull’accoglienza, sull’integrazione e, alla luce della delicata situazione geopolitica internazionale, sul tema del diritto d’asilo. La mancanza di una legge organica su quest’ultimo aspetto fa sì che il riconoscimento di tale diritto previsto dalla nostra Costituzione, sia ancora parzialmente lasciato nelle mani della discrezionalità amministrativa».

Gli effetti di tale lacuna normativa sono evidenti in alcune delle storie raccolte dai collaboratori del Garante all’interno del Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) di Ponte Galeria. E’ il caso della vicenda di A.P., una nigeriana trasferita nella struttura nonostante fosse nelle more del ricorso contro il diniego della protezione internazionale e successivamente rilasciata dopo l’intervento del Garante presso l’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma.

In base alla legislazione vigente (art. 19 D.Lgs 150/2011), infatti, l’impugnazione dei provvedimenti di diniego alla protezione internazionale comporta una generale efficacia sospensiva. In altre parole, la donna non doveva essere considerata irregolare né tantomeno trasferita nel CIE fino alla definitiva conclusione del procedimento di richiesta d’asilo davanti al Tribunale. «Una storia – ha concluso il Garante – che è l’emblema di quanto sia difficile, per gli stranieri, vedersi riconosciute le garanzie costituzionali».