La corte europea dei diritti umani condanna il sistema penitenziario Italiano.

« Quella comminata oggi dalla Corte europea dei diritti umani è una sentenza giusta per un sistema carcerario  che,  così  com’è è,  viola  la Costituzione  e lede  sistematicamente i  diritti  delle  persone detenute».
 
Lo  dichiara  il Garante  dei  detenuti  del Lazio  Angiolo  Marroni commentando  la sentenza con la quale la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per il trattamento riservato a 7 persone detenute a Busto Arsizio e a Piacenza. La magistratura ha anche invitato lo Stato Italiano a porre rimedio, entro un anno, al problema strutturale  del  sovraffollamento  delle  carceri, incompatibile con la Convenzione Ue.
«La Corte Europea dei diritti umani – ha detto Marroni – non ha fatto altro che fotografare una situazione di emergenza umanitaria che, da anni, andiamo denunciando alla istituzioni nazionali, purtroppo senza avere risposte». 
 
Secondo  il  Garante,  « per  rispondere  all’invito  ad  umanizzare  le  carceri non  bastano  misure straordinarie,  come l’indulto  del  2008,  visto  che  solo  dopo  pochi  mesi  gli  istituti  tornarono  ad affollarsi. Occorre una profonda riforma legislativa che intervenga da un lato sul codice penale e dall’altro sulla legislazione dell’ultimo decennio tutta centrata sul carcere come “pena regina”. Mi riferisco a leggi come la Bossi-Fini, la Giovanardi, la ex Cirielli: norme che non hanno fatto altro che produrre carcere. L’ultimo vano tentativo di riformare il sistema è stato, la scorsa legislatura, quello nato dalla Commissione Pisapia, oggi sindaco di Milano, che prevedeva un sistema fondato su pene pecuniarie, interdittive, prescrittive e solo alla fine, quando le altre sanzioni apparivanoinadeguate, detentive. Una bozza che giace dimenticata nei cassetti del Ministero di Giustizia».
 
«Per questi motivi – ha concluso Marroni -auspico che il nuovo Parlamento abbia il coraggio di affrontare  radicalmente  tali problematiche,  rivedendo  la  legislazione  in  vigore  nel  senso  di prevedere la pena carceraria come extrema ratio e privilegiando misure alternative, ma non per questo meno efficaci, che siano in grado di risanare il sistema».