Viaggio a Paliano, dove i detenuti studiano, imparano i mestieri e lavorano

Nei giorni scorsi il carcere di Paliano ha fatto parlare di sé perché ospita un detenuto con un “fine pena mai” che, in 20 anni di reclusione, si è laureato per tre volte. Ma la storia del plurilaureato può essere considerata l’emblema di quanto accade all’interno del carcere del frusinate. 

 

«Nella strutturaha detto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marronici sono 59 detenuti che provengono prevalentemente dal meridione d’Italia. Hanno tutti lunghe condanne da scontare ma la stragrande maggioranza di loro ha intrapreso un percorso di revisione critica della propria condotta criminale».

Per le caratteristiche climatiche della zona, la struttura è l’unico sanatorio/convalescenziario dell’Amministrazione Penitenziaria;  attualmente, 4 detenuti sono in cura per patologie connesse alla TBC. Tutti i reclusi presenti (sia uomini che donne) lavorano; chi in cucina, chi nella manutenzione del vecchio Castello Colonna, altri ancora nelle ristrutturazioni delle celle detentive, tutte in regola con i requisiti europei (bagno in camera e acqua calda).

L’attività trattamentale prevede che i reclusi seguano la strada lavorativa o istruttiva a seconda delle proprie capacità ed attitudini. Oltre che in cucina, nella pasticceria e in pizzeria, è possibile ad esempio lavorare anche nel  piccolo allevamento di animali presente.

Le attività di formazione professionale sono legate alla falegnameria e al restauro; di recente è stato attivato anche un primo con un corso di iconografia. Per quanto riguarda cultura e istruzione, ci sono una  Compagnia teatrale e un coro formato da operatori e detenuti.

Infine, la campanella dell’anno scolastico 2014/2015 è suonata anche qui. Oltre  alla prima laurea, ci sono stati i primi diplomati in ragioneria, iscritti all’istituto tecnico di Anagni, che hanno deciso di iscriveranno all’università di Cassino.

«Lavoro, istruzione e cultura sono i capisaldi del percorso di recupero sociale di coloro che  perdono la propria libertà personale. Colpisce, in alcuni commenti la non comprensione della funzione della pena ai fini del reinserimento sociale di chi ha commesso un reato ha detto il Garante Sotto questo punto di vista, Paliano, con le sue attività, rappresenta sicuramente un esempio di buone pratiche. L’emblema di come, pur fra mille difficoltà, si possa comunque perseguire quella funzione trattamentale prevista dall’articolo 27 della nostra Costituzione».